domenica 23 giugno 2013

vivere la felicità


VIVERE LA FELICITA

La felicità si può godere?

 

 

In prima istanza cerchiamo di capire cos’è la felicità. La felicità fa parte dal pensiero, il pensiero armonizza la mente, il nostro benessere sia mentale sia materiale, una persona è felice se la sua mente è spoglia di ombre e di pregiudizi, se la compagnia di persone vicine è appaga ai suoi desideri senza ombre né dubbi, se ha modo di dividere e valorizzare le proprie idee con la persona che gli vive al fianco senza sorta di compromesso né sottomissioni ma solo nel reciproco rispetto e nella giusta considerazione osservando e valorizzando con obbiettività la realtà nostra e dei nostri simili. Se ci sono queste premesse si può essere felici emarginando perfino il male fisico se chi lo detiene trova in se un grande spirito di adattamento al punto da ignorare il male medesimo.

Detto questo a mio giudizio la felicità nasce anche dalle persone a noi vicine le quali se arricchiscono i nostri valori e la nostra dignità di persona, creando una civile convivenza nella sincerità affettiva senza turbamenti ne pregiudizi condividendo nel bene e nel male tutte le avversità della vita stessa, poiché in tutti noi c’è un dare ed un avere se diamo peso a tale rapporto resta molto difficile esserne soddisfatti e felici del nostro dare, come pure se doniamo ad altri e non abbiamo in cambio non solo la riconoscenza ma possiamo anche essere umiliati e mortificati, a quel punto resta difficile ricevere la felicità della persona che ti vive affianco, poiché la felicità è difficile viverla in solitudine, nella solitudine di solito viviamo una vita incompiuta con pochi stimoli e senza affetti se pur priva di avverse sofferenze ma anche di piaceri senza i quali non possiamo arricchire la nostra personalità.

Questa è una causa della nostra felicità ma non la causa, solo noi siamo dipendenti di noi stessi, e come tale sta a noi e solo a noi giudicare e gratificare le circostanze e l’ambiente che ci circonda, se sta a cuore la nostra felicità e la desideriamo la dobbiamo gestire in maniera autonoma ed appropriata il più possibile a noi stessi.

In che modo? Sottovalutando il rapporto che più ci danneggia togliendogli quel valore che apparentemente può sembrare in assoluto di grande importanza impegnando la nostra intelligenza su di noi valorizzando il nostro essere privilegiando i nostri desideri e cioè la nostra disponibilità alla convivenza tenendo conto che i fattori che la determinano sono molti e diversi fra loro è molto difficile che tutto si possa svolgere come noi vorremmo senza avversità né imprevisti e che purtroppo tutti incontriamo non sempre per nostra volontà.

Se siamo capaci a rendere primaria la nostra volontà su di noi valorizzando con giusto merito tutto ciò che ci circonda possiamo dire “io so cosa voglio e sono capace di ottenerlo!”. Se in teoria può sembrare facile a dirsi, nella pratica è molto difficile da realizzarsi in quanto tutti noi abbiamo dei sentimenti e degli affetti irrinunciabili e una coscienza la quale può condizionare il nostro essere e i nostri desideri, se noi riusciamo a concentrare il nostro pensiero su noi stessi e su i nostri desideri saremo forti e capaci di ottenere quello che desideriamo.

Una volta ottenuta la dobbiamo vivere e godere, cioè dobbiamo trasformare il pensiero della mente e materializzarlo in azione, in attività concreta a favore del nostro corpo e di noi stessi.

Purtroppo non sempre lo si realizza, anzi molte volte si verifica il contrario, nella fase di trasformazione si può perdere quella felicità iniziale se i calcoli di realizzazione fossero sbagliati, cioè a causa del nostro stato d’animo positivo le richieste potrebbero essere molto superiori ai nostri mezzi e alle nostre possibilità, per garantire la certezza al nostro essere dovremmo, come detto in precedenza, programmare le nostre scelte sempre al di sotto delle nostre possibilità, solo così garantiamo la trasformazione della felicità mentale in azione di godimento del piacere il quale né è lo scopo della nostra vita.

La felicità del corpo e della mente la dobbiamo vivere per essere nel concreto di noi stessi e del nostro essere, per vivere ciò è indispensabile moderare le ambizioni e le idee affinché non turbino in noi quei piaceri già acquisiti che non dobbiamo mai dimenticare di possedere, anzi in certi momenti li dobbiamo rivalorizzare se col tempo si dovessero dimenticare e sottovalutare, i patrimoni acquisiti dobbiamo coltivarli in continuazione finché restino sempre vivi in noi stessi aiutandoci a superare momenti difficili e a capire chi siamo e cosa possediamo per rafforzare quell’equilibrio mentale che serve a stabilizzare la mente nel giusto comportamento senza indurre in errori dai quali si può compromettere la nostra felicità.

Per fare questo dobbiamo attivare tutta la nostra intelligenza e tutte le nostre virtù sensitive e materializzarle in azioni comportamentali al fine di avere il dominio di noi al di sopra dei sentimenti corporali e passionali, solo così a mio parere una persona può essere felice e godere di tale felicità.

Chi sono coloro che vivono felici?

La felicità, come abbiamo detto in precedenza, non si crea coi mezzi materiali, avvolte neppure con una certa intelligenza. Prima di ogni cosa è capire cos’è la felicità e se noi siamo predisposti a riconoscerla, se non la si riconosce o non la si vuole riconoscere vivremo sempre al di fuori della realtà.

La felicità a mio parere la viviamo quando il nostro stato d’animo è tutto in positivo, quando la mente è libera da ogni oppressione, quando i pensieri si vivono giorno per giorno, ora per ora, senza fantasticare lontano nel tempo quando la vita la viviamo sempre nel presente, mai nel passato neppure nel futuro, quando non diamo molta importanza a quello che ci passa per la mente, voi vi chiederete: “allora per essere felici dobbiamo essere dei deficienti?” No! E’ qui lo sbaglio! La felicità va riconosciuta e per riconoscerla dobbiamo crederci, la dobbiamo desiderare con tutte le nostre forze.

La felicità la si può vivere in tutte le situazioni sia che siamo ricchi sia che siamo poveri, prima di ogni cosa dobbiamo essere compiaciuti di quello che possediamo, tutti noi abbiamo qualcosa per esserlo, poi ci dobbiamo adattare a vivere in armonia con l’ambiente che è intorno a noi, sia con i nostri simili sia col nostro avere, se ciò non è possibile lasciamo il luogo in cui viviamo e spostiamoci altrove, per fortuna il mondo è grande e vario certamente troveremo un luogo adatto alle nostre idee e ai nostri bisogni.

Prendiamo esempio dal mondo animale, loro si scelgono quasi sempre un territorio che più si adatta alle loro esigenze per vivere tranquilli e poter procreare in pace, rendosi la loro esistenza più armoniosa possibile sia per loro stessi sia per la loro prole finché si armonizzino con la natura stessa. Se una persona non arriva a capire che la felicità esiste, la si può cercare e viverla, costui resterà per tutta la vita fuori dal mondo reale e vivrà una vita con alti e bassi, con gioia e con tristezza, i pochi momenti di gioia vengono vissuti non nella purezza del pensiero ma solo per consolazione alla sua sofferenza, come oggi nel mondo moderno si usa dire molto spesso, mi devo fare una vacanza per tagliare con lo stress che tengo il quale mi impedisce di vivere e lavorare liberamente, detto questo la soluzione sembrerebbe facile, ma non è così come sembra fra il dire e il fare ci sono i sentimenti e gli affetti del nostro essere, è difficile che una persona possedendo dei beni i quali ha impiegato anni per costruirli o possederli si possa disfare dei suoi averi per vivere in altri luoghi, lontano dal suo mondo abituale senza sentire rimorso o sofferenza, disfarsi di un patrimonio molte volte può essere molto doloroso, non quanto per il valore del medesimo in quanto nel bene c’è una parte di noi stessi, della nostra volontà, della nostra vita e della nostra intelligenza.

Poi ci sono gli affetti non solo agli oggetti ma alle persone di nostra appartenenza parentale quali figli, nipoti, genitori…etc. Questi sono affetti umani dai quali è ancora più difficile allontanarsi ed è comprensibile, quando si parla di creatività umana entriamo nel rapporto vero e concreto, caro a noi e agli esseri che ci hanno e abbiamo generato, i quali sentiamo come una parte di noi stessi, come se ci appartenessero e dai quali non ci vorremmo mai separare, se pure il più delle volte sono loro se pure in buona fede e senza volerlo ci rendono la vita a noi preoccupante ed infelice per il fatto che costoro appartengono ad una diversa generazione, avendo mezzi a disposizione molto diversi dai nostri si formano con idee diverse alle nostre senza possibilità di conciliazione, secondo me questa potrebbe essere una ragione se non la principale causa a far sì che la nostra vita non possiamo viverla come vorremmo. Se il mio pensiero è giusto c’è un solo problema, riconoscere che i figli una volta raggiunta la maggiore età non appartengano più ai genitori, come i genitori non appartengono più ai loro figli. Non vorrei essere frainteso, parlo solo dal lato materiale non dal lato sentimentale di cui il padre e la madre rimangono genitori ed i figli sono la loro creazione frutto della vita e dell’amore, mi riferisco al rapporto materiale della vita sia di mezzi sia di libertà delle persone. Poi abbiamo i nipoti generati dai nostri figli perciò appartengono a loro come a noi sono appartenuti i nostri figli, queste a mio parere sono delle regole sacrosante che ogni persona dovrebbe non solo riconoscere ma ancora più importante rispettare e non dimenticare.

Io mi chiedo come può essere libera la mente di una persona se detiene in sé gli affetti possessivi su ciò che a lui non appartiene e non potrà mai appartenere. Se la persona è libera da tali affetti è già sulla buona strada per capire cos’è il suo benessere viceversa se la sua mente non è libera ma è posseduta dal pensiero di appartenere a qualcuno cioè a quello che non è più suo o pretende di avere ciò che a lui non gli appartiene non ha nessuna possibilità che la persona sappia cos’è la felicità né sia interessato a viverla. Vorrei precisare che una persona può anche essere felice se pure appartiene ai figli o ai nipoti, oppure viceversa figli e nipoti appartengono a lui, può sembrare di avere la felicità, ma sarà una felicità momentanea non sarà mai stabile in quanto se una persona non sta bene con se stesso e non essendo libera di scegliere e decidere sul suo da fare vivrà una vita più nel pensiero che nel fare. Quando parlo di possedere o di essere posseduti mi riferisco all’interferenza di scelte e di dare dei giudizi non come consiglio ma come invadenza di ostinata durezza senza nessuna richiesta né autorizzazione a farlo.

Come ho detto all’inizio ci sono gli affetti sentimentali e gli affetti materiali, finora abbiamo parlato di affetti sentimentali adesso di affetti materiali i quali possono essere ancora più invadenti e più difficili da superare in quanto gli affetti materiali appartengono direttamente alla persona medesima.

Il possedere mezzi è lo scopo primario di ognuno di noi, ma qual è il limite in cui una persona decide di valorizzare i suoi averi per vivere non più a costruire ma a beneficiare di quello che ha già costruito? Esiste per costui un limite reale? Siamo noi stessi capaci a stabilirlo? E se lo stabiliamo rispetteremo tale proposito o rimarrà solo nel nostro pensiero?

Il possesso è come una medaglia a due facce, una positiva ed una negativa, cercherò di spiegarlo se ci riesco: se una persona costruisce ed organizza un certo lavoro con delle persone alle sue dipendenze si qualifica come imprenditore e come tale impiega tutto il suo sapere nella propria attività compresa buona parte del tempo a lui disponibile in più lo sforzo fisico, ammettiamo che il suo fare sia positivo e il suo avere cresca contemporaneamente al suo prestigio personale, quella persona ha intrapreso una strada senza ritorno continuando a proseguire per la sua strada senza curarsi troppo né di se stesso né di coloro che gli stanno vicino, il creare, il possedere, lo avvolgono a tal punto che si fa prigioniero del proprio fare e del proprio avere, potrebbe essere felice ugualmente se pure trascura la sua persona e quella di altre persone, ma è una felicità momentanea, superficiale e mai stabile variando a secondo del momento a lui positivo. Non avendo il tempo materiale per diversificare la propria vita e soddisfare alcune sue passioni è impossibile programmare la felicità nel suo pensiero con la convinzione che un giorno godrà dei suoi desideri, se pure è convinto che di lì a poco si realizzeranno, solo tale convinzione in lui è positiva e come tale rimarrà un miraggio nella sua mente mentre il tempo gli scorre vicino senza che lo veda passare, fino a quando si accorge della carenza fisica la quale è una spia che dice a tutti che hai già vissuto una vita ed il tempo che rimane da vivere non è poi così tanto, a quel punto tutti gli sforzi sono inutili, il tempo è passato e nessuno lo può ridare né lo possiamo comprare se pure possediamo i mezzi, sul mercato non esiste, è in quel momento che la persona forse si accorge di aver sbagliato. Dico forse perché alcuni non riescono neanche in quel momento a vedere e capire che la loro vita sta per finire, che tutti i suoi averi passano ai suoi posteri senza aver soddisfatto alcun suo desiderio i quali ne godranno coloro che usufruiranno dei suoi beni, poiché il più delle volte sono esseri diversi da noi godranno di un bene che forse non sempre lo meritano.

Così è di solito una persona che svolge un lavoro da indipendente, da imprenditore dal quale sotto certi aspetti non è molto diverso colui che lavora con passione se pure col salario ama il suo lavoro dal quale trae i mezzi per la sua sussistenza e nello stesso tempo si realizza come persona, quando deve abbandonare il lavoro per anzianità per usufruire della meritata pensione molto spesso soffre a tal punto che si può ammalare causando la morte prematura, persone che dedicano tutta la loro vita al lavoro al di fuori del quale non trovano altri piaceri nella vita, non curano se stessi e neppure le loro passioni, la loro felicità è per lo più sconosciuta, la loro mente è molto chiusa in se stessa priva di desideri e di ricerca al bene svalutando la loro esistenza e quello che potrebbero trarre di bene per se stessi come pure per coloro che gli vivono affianco. Alle fine della loro vita soffrono molto meno in quanto non hanno molto da lasciare né i loro mezzi non sarebbero stati sufficienti a vivere una vita troppo agiata rifugiandosi dietro l’ombra del bisogno se pure non sempre esiste, si rassegnano giustificando la negatività della loro vita vissuta di privazioni. Pure la ricerca scientifica oggi riconosce il fenomeno di precarietà della salute se una persona cessa una qualche attività e non la reintegra con una sua passione creativa affinché la sua mente e il suo corpo siano sempre attive, la realtà della vita per la quale l’uomo è creato dovrebbe essere più impegnata a quei piaceri che tutti ne abbiamo diritto per realizzare la serenità in ognuno di noi anche fuori dalla vita attiva.

Nessuno ci aiuta a cercare la nostra felicità né col benessere, né con le amicizie, la felicità non si può insegnare, né acquistare, per viverla dobbiamo cercarla e costruirla noi stessi in quanto essendo individuale ognuno si tiene la propria essendo diversa l’una dall’altra.

Perciò non faccio una critica al modo di vita che una persona esercita ma come essa la esercita, purché costui non sia costretto a vivere in modo diverso dai suoi desideri trascurando le sue passioni e i suoi piaceri. Purtroppo sono pochi coloro che impegnano il proprio sapere al bene per se stessi riuscendo a realizzare i propri desideri piccoli o grandi che siano.

Un detto dice:

chi si accontenta gode, chi non si accontenta tace per non soffrire.”

Tacere qui non significa non sapere, ma non potere fare e cioè volere qualcosa e non essere capaci ad ottenerla.

Come dicevo in precedenza la felicità è il frutto della nostra vita; è lo scopo della vita stessa, come il benessere è parte essenziale per ognuno di noi nel cui benessere vive la felicità, se pure essa non è mai duratura ma viene vissuta solo in periodi della vita, se siamo consapevoli di questo la dobbiamo cercare in ogni modo possibile e quando l’abbiamo raggiunta la dobbiamo difendere col massimo impegno.

Và ricordato che la felicità nella vita la viviamo un po’ tutti, ricchi e poveri, colti ed ignoranti senza distinzione, solo coloro che hanno più predisposizione a capire cos’è e a valorizzarla che ne godono più di altri i quali dispongono di un forte autocontrollo che li rende più virtuosi e più saggi di altre persone.

 

 

“Se non hai amore per te stesso non ami la tua vita dentro la quale vive la tua felicità sia spirituale sia materiale che sono determinanti per conoscere la vera felicità.”

        

 

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