VIVERE LA FELICITA ’
La felicità si può godere?
In prima istanza cerchiamo di
capire cos’è la felicità. La felicità fa parte dal pensiero, il pensiero
armonizza la mente, il nostro benessere sia mentale sia materiale, una persona
è felice se la sua mente è spoglia di ombre e di pregiudizi, se la compagnia di
persone vicine è appaga ai suoi desideri senza
ombre né dubbi, se ha modo di dividere e valorizzare le proprie idee con la
persona che gli vive al fianco senza sorta di compromesso né sottomissioni ma
solo nel reciproco rispetto e nella giusta considerazione osservando e
valorizzando con obbiettività la realtà nostra e dei nostri simili. Se ci sono
queste premesse si può essere felici emarginando perfino il male fisico se chi
lo detiene trova in se un grande spirito di adattamento al punto da ignorare il
male medesimo.
Detto questo a mio giudizio la
felicità nasce anche dalle persone a noi vicine le quali se arricchiscono i
nostri valori e la nostra dignità di persona, creando una civile convivenza
nella sincerità affettiva senza turbamenti ne pregiudizi condividendo nel bene
e nel male tutte le avversità della vita stessa, poiché in tutti noi c’è un
dare ed un avere se diamo peso a tale rapporto resta molto difficile esserne
soddisfatti e felici del nostro dare, come pure se doniamo ad altri e non
abbiamo in cambio non solo la riconoscenza ma possiamo anche essere umiliati e
mortificati, a quel punto resta difficile ricevere la felicità della persona
che ti vive affianco, poiché la felicità è difficile viverla in solitudine,
nella solitudine di solito viviamo una vita incompiuta con pochi stimoli e
senza affetti se pur priva di avverse sofferenze ma anche di piaceri senza i
quali non possiamo arricchire la nostra personalità.
Questa è una causa della nostra
felicità ma non la causa, solo noi siamo dipendenti di noi stessi, e come tale
sta a noi e solo a noi giudicare e gratificare le circostanze e l’ambiente che
ci circonda, se sta a cuore la nostra felicità e la desideriamo la dobbiamo
gestire in maniera autonoma ed appropriata il più possibile a noi stessi.
In che modo? Sottovalutando il
rapporto che più ci danneggia togliendogli quel valore che apparentemente può
sembrare in assoluto di grande importanza impegnando la nostra intelligenza su
di noi valorizzando il nostro essere privilegiando i nostri desideri e cioè la
nostra disponibilità alla convivenza tenendo conto che i fattori che la
determinano sono molti e diversi fra loro è molto difficile che tutto si possa
svolgere come noi vorremmo senza avversità né imprevisti e che purtroppo tutti
incontriamo non sempre per nostra volontà.
Se siamo capaci a rendere
primaria la nostra volontà su di noi valorizzando con giusto merito tutto ciò
che ci circonda possiamo dire “io so cosa voglio e sono capace di ottenerlo!”.
Se in teoria può sembrare facile a dirsi, nella pratica è molto difficile da
realizzarsi in quanto tutti noi abbiamo dei sentimenti e degli affetti
irrinunciabili e una coscienza la quale può condizionare il nostro essere e i
nostri desideri, se noi riusciamo a concentrare il nostro pensiero su noi
stessi e su i nostri desideri saremo forti e capaci di ottenere quello che
desideriamo.
Una volta ottenuta la dobbiamo
vivere e godere, cioè dobbiamo trasformare il pensiero della mente e
materializzarlo in azione, in attività concreta a favore del nostro corpo e di
noi stessi.
Purtroppo non sempre lo si
realizza, anzi molte volte si verifica il contrario, nella fase di
trasformazione si può perdere quella felicità iniziale se i calcoli di
realizzazione fossero sbagliati, cioè a causa del nostro stato d’animo positivo
le richieste potrebbero essere molto superiori ai nostri mezzi e alle nostre
possibilità, per garantire la certezza al nostro essere dovremmo, come detto in
precedenza, programmare le nostre scelte sempre al di sotto delle nostre
possibilità, solo così garantiamo la trasformazione della felicità mentale in
azione di godimento del piacere il quale né è lo scopo della nostra vita.
La felicità del corpo e della
mente la dobbiamo vivere per essere nel concreto di noi stessi e del nostro
essere, per vivere ciò è indispensabile moderare le ambizioni e le idee
affinché non turbino in noi quei piaceri già acquisiti che non dobbiamo mai
dimenticare di possedere, anzi in certi momenti li dobbiamo rivalorizzare se
col tempo si dovessero dimenticare e sottovalutare, i patrimoni acquisiti
dobbiamo coltivarli in continuazione finché restino sempre vivi in noi stessi
aiutandoci a superare momenti difficili e a capire chi siamo e cosa possediamo
per rafforzare quell’equilibrio mentale che serve a stabilizzare la mente nel
giusto comportamento senza indurre in errori dai quali si può compromettere la
nostra felicità.
Per fare questo dobbiamo attivare
tutta la nostra intelligenza e tutte le nostre virtù sensitive e materializzarle
in azioni comportamentali al fine di avere il dominio di noi al di sopra dei
sentimenti corporali e passionali, solo così a mio parere una persona può
essere felice e godere di tale felicità.
Chi sono coloro che vivono felici?
La felicità, come abbiamo detto
in precedenza, non si crea coi mezzi materiali, avvolte neppure con una certa
intelligenza. Prima di ogni cosa è capire cos’è la felicità e se noi siamo
predisposti a riconoscerla, se non la si riconosce o non la si vuole
riconoscere vivremo sempre al di fuori della realtà.
La felicità a mio parere la
viviamo quando il nostro stato d’animo è tutto in positivo, quando la mente è
libera da ogni oppressione, quando i pensieri si vivono giorno per giorno, ora
per ora, senza fantasticare lontano nel tempo quando la vita la viviamo sempre
nel presente, mai nel passato neppure nel futuro, quando non diamo molta
importanza a quello che ci passa per la mente, voi vi chiederete: “allora per
essere felici dobbiamo essere dei deficienti?” No! E’ qui lo sbaglio! La
felicità va riconosciuta e per riconoscerla dobbiamo crederci, la dobbiamo
desiderare con tutte le nostre forze.
La felicità la si può vivere in
tutte le situazioni sia che siamo ricchi sia che siamo poveri, prima di ogni
cosa dobbiamo essere compiaciuti di quello che possediamo, tutti noi abbiamo
qualcosa per esserlo, poi ci dobbiamo adattare a vivere in armonia con
l’ambiente che è intorno a noi, sia con i nostri simili sia col nostro avere,
se ciò non è possibile lasciamo il luogo in cui viviamo e spostiamoci altrove,
per fortuna il mondo è grande e vario certamente troveremo un luogo adatto alle
nostre idee e ai nostri bisogni.
Prendiamo esempio dal mondo
animale, loro si scelgono quasi sempre un territorio che più si adatta alle
loro esigenze per vivere tranquilli e poter procreare in pace, rendosi la loro
esistenza più armoniosa possibile sia per loro stessi sia per la loro prole
finché si armonizzino con la natura stessa. Se una persona non arriva a capire
che la felicità esiste, la si può cercare e viverla, costui resterà per tutta
la vita fuori dal mondo reale e vivrà una vita con alti e bassi, con gioia e
con tristezza, i pochi momenti di gioia vengono vissuti non nella purezza del
pensiero ma solo per consolazione alla sua sofferenza, come oggi nel mondo
moderno si usa dire molto spesso, mi devo fare una vacanza per tagliare con lo
stress che tengo il quale mi impedisce di vivere e lavorare liberamente, detto
questo la soluzione sembrerebbe facile, ma non è così come sembra fra il dire e
il fare ci sono i sentimenti e gli affetti del nostro essere, è difficile che
una persona possedendo dei beni i quali ha impiegato anni per costruirli o
possederli si possa disfare dei suoi averi per vivere in altri luoghi, lontano
dal suo mondo abituale senza sentire rimorso o sofferenza, disfarsi di un
patrimonio molte volte può essere molto doloroso, non quanto per il valore del
medesimo in quanto nel bene c’è una parte di noi stessi, della nostra volontà,
della nostra vita e della nostra intelligenza.
Poi ci sono gli affetti non solo
agli oggetti ma alle persone di nostra appartenenza parentale quali figli,
nipoti, genitori…etc. Questi sono affetti umani dai quali è ancora più
difficile allontanarsi ed è comprensibile, quando si parla di creatività umana
entriamo nel rapporto vero e concreto, caro a noi e agli esseri che ci hanno e
abbiamo generato, i quali sentiamo come una parte di noi stessi, come se ci
appartenessero e dai quali non ci vorremmo mai separare, se pure il più delle
volte sono loro se pure in buona fede e senza volerlo ci rendono la vita a noi
preoccupante ed infelice per il fatto che costoro appartengono ad una diversa
generazione, avendo mezzi a disposizione molto diversi dai nostri si formano
con idee diverse alle nostre senza possibilità di conciliazione, secondo me
questa potrebbe essere una ragione se non la principale causa a far sì che la
nostra vita non possiamo viverla come vorremmo. Se il mio pensiero è giusto c’è
un solo problema, riconoscere che i figli una volta raggiunta la maggiore età
non appartengano più ai genitori, come i genitori non appartengono più ai loro
figli. Non vorrei essere frainteso, parlo solo dal lato materiale non dal lato
sentimentale di cui il padre e la madre rimangono genitori ed i figli sono la
loro creazione frutto della vita e dell’amore, mi riferisco al rapporto
materiale della vita sia di mezzi sia di libertà delle persone. Poi abbiamo i
nipoti generati dai nostri figli perciò appartengono a loro come a noi sono
appartenuti i nostri figli, queste a mio parere sono delle regole sacrosante
che ogni persona dovrebbe non solo riconoscere ma ancora più importante
rispettare e non dimenticare.
Io mi chiedo come può essere
libera la mente di una persona se detiene in sé gli affetti possessivi su ciò
che a lui non appartiene e non potrà mai appartenere. Se la persona è libera da
tali affetti è già sulla buona strada per capire cos’è il suo benessere
viceversa se la sua mente non è libera ma è posseduta dal pensiero di
appartenere a qualcuno cioè a quello che non è più suo o pretende di avere ciò
che a lui non gli appartiene non ha nessuna possibilità che la persona sappia
cos’è la felicità né sia interessato a viverla. Vorrei precisare che una
persona può anche essere felice se pure appartiene ai figli o ai nipoti, oppure
viceversa figli e nipoti appartengono a lui, può sembrare di avere la felicità,
ma sarà una felicità momentanea non sarà mai stabile in quanto se una persona
non sta bene con se stesso e non essendo libera di scegliere e decidere sul suo
da fare vivrà una vita più nel pensiero che nel fare. Quando parlo di possedere
o di essere posseduti mi riferisco all’interferenza di scelte e di dare dei
giudizi non come consiglio ma come invadenza di ostinata durezza senza nessuna
richiesta né autorizzazione a farlo.
Come ho detto all’inizio ci sono
gli affetti sentimentali e gli affetti materiali, finora abbiamo parlato di
affetti sentimentali adesso di affetti materiali i quali possono essere ancora
più invadenti e più difficili da superare in quanto gli affetti materiali
appartengono direttamente alla persona medesima.
Il possedere mezzi è lo scopo
primario di ognuno di noi, ma qual è il limite in cui una persona decide di
valorizzare i suoi averi per vivere non più a costruire ma a beneficiare di
quello che ha già costruito? Esiste per costui un limite reale? Siamo noi
stessi capaci a stabilirlo? E se lo stabiliamo rispetteremo tale proposito o
rimarrà solo nel nostro pensiero?
Il possesso è come una medaglia a
due facce, una positiva ed una negativa, cercherò di spiegarlo se ci riesco: se
una persona costruisce ed organizza un certo lavoro con delle persone alle sue
dipendenze si qualifica come imprenditore e come tale impiega tutto il suo
sapere nella propria attività compresa buona parte del tempo a lui disponibile in
più lo sforzo fisico, ammettiamo che il suo fare sia positivo e il suo avere
cresca contemporaneamente al suo prestigio personale, quella persona ha
intrapreso una strada senza ritorno continuando a proseguire per la sua strada
senza curarsi troppo né di se stesso né di coloro che gli stanno vicino, il
creare, il possedere, lo avvolgono a tal punto che si fa prigioniero del
proprio fare e del proprio avere, potrebbe essere felice ugualmente se pure
trascura la sua persona e quella di altre persone, ma è una felicità
momentanea, superficiale e mai stabile variando a secondo del momento a lui
positivo. Non avendo il tempo materiale per diversificare la propria vita e
soddisfare alcune sue passioni è impossibile programmare la felicità nel suo
pensiero con la convinzione che un giorno godrà dei suoi desideri, se pure è
convinto che di lì a poco si realizzeranno, solo tale convinzione in lui è
positiva e come tale rimarrà un miraggio nella sua mente mentre il tempo gli
scorre vicino senza che lo veda passare, fino a quando si accorge della carenza
fisica la quale è una spia che dice a tutti che hai già vissuto una vita ed il
tempo che rimane da vivere non è poi così tanto, a quel punto tutti gli sforzi
sono inutili, il tempo è passato e nessuno lo può ridare né lo possiamo
comprare se pure possediamo i mezzi, sul mercato non esiste, è in quel momento
che la persona forse si accorge di aver sbagliato. Dico forse perché alcuni non
riescono neanche in quel momento a vedere e capire che la loro vita sta per
finire, che tutti i suoi averi passano ai suoi posteri senza aver soddisfatto
alcun suo desiderio i quali ne godranno coloro che usufruiranno dei suoi beni,
poiché il più delle volte sono esseri diversi da noi godranno di un bene che
forse non sempre lo meritano.
Così è di solito una persona che
svolge un lavoro da indipendente, da imprenditore dal quale sotto certi aspetti
non è molto diverso colui che lavora con passione se pure col salario ama il
suo lavoro dal quale trae i mezzi per la sua sussistenza e nello stesso tempo
si realizza come persona, quando deve abbandonare il lavoro per anzianità per
usufruire della meritata pensione molto spesso soffre a tal punto che si può
ammalare causando la morte prematura, persone che dedicano tutta la loro vita
al lavoro al di fuori del quale non trovano altri piaceri nella vita, non
curano se stessi e neppure le loro passioni, la loro felicità è per lo più
sconosciuta, la loro mente è molto chiusa in se stessa priva di desideri e di
ricerca al bene svalutando la loro esistenza e quello che potrebbero trarre di
bene per se stessi come pure per coloro che gli vivono affianco. Alle fine
della loro vita soffrono molto meno in quanto non hanno molto da lasciare né i
loro mezzi non sarebbero stati sufficienti a vivere una vita troppo agiata
rifugiandosi dietro l’ombra del bisogno se pure non sempre esiste, si
rassegnano giustificando la negatività della loro vita vissuta di privazioni.
Pure la ricerca scientifica oggi riconosce il fenomeno di precarietà della
salute se una persona cessa una qualche attività e non la reintegra con una sua
passione creativa affinché la sua mente e il suo corpo siano sempre attive, la
realtà della vita per la quale l’uomo è creato dovrebbe essere più impegnata a
quei piaceri che tutti ne abbiamo diritto per realizzare la serenità in ognuno
di noi anche fuori dalla vita attiva.
Nessuno ci aiuta a cercare la
nostra felicità né col benessere, né con le amicizie, la felicità non si può
insegnare, né acquistare, per viverla dobbiamo cercarla e costruirla noi stessi
in quanto essendo individuale ognuno si tiene la propria essendo diversa l’una
dall’altra.
Perciò non faccio una critica al
modo di vita che una persona esercita ma come essa la esercita, purché costui
non sia costretto a vivere in modo diverso dai suoi desideri trascurando le sue
passioni e i suoi piaceri. Purtroppo sono pochi coloro che impegnano il proprio
sapere al bene per se stessi riuscendo a realizzare i propri desideri piccoli o
grandi che siano.
Un detto dice:
“chi si accontenta gode, chi non si accontenta tace per non soffrire.”
Tacere qui non significa non
sapere, ma non potere fare e cioè volere qualcosa e non essere capaci ad
ottenerla.
Come dicevo in precedenza la
felicità è il frutto della nostra vita; è lo scopo della vita stessa, come il
benessere è parte essenziale per ognuno di noi nel cui benessere vive la
felicità, se pure essa non è mai duratura ma viene vissuta solo in periodi
della vita, se siamo consapevoli di questo la dobbiamo cercare in ogni modo
possibile e quando l’abbiamo raggiunta la dobbiamo difendere col massimo
impegno.
Và ricordato che la felicità
nella vita la viviamo un po’ tutti, ricchi e poveri, colti ed ignoranti senza
distinzione, solo coloro che hanno più predisposizione a capire cos’è e a
valorizzarla che ne godono più di altri i quali dispongono di un forte
autocontrollo che li rende più virtuosi e più saggi di altre persone.
“Se non hai amore per te stesso non ami la tua vita dentro la quale
vive la tua felicità sia spirituale sia materiale che sono determinanti per
conoscere la vera felicità.”
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